Dell'opera
Unicefalo Cosmico
L’arte di Ercoli nasce dal mito e dalla poesia dei luoghi tra la magia dei sibillini e l’oltre del mare. Trae il suo linguaggio dall’essere dentro il mondo teso al continuo passaggio dell’inizio.
Scopre un nuovo medium che chiama antimateria poiché rimanda a ciò che non è (cartonati,terra, ceramica, lavagna, metallo, sughero, pietra, cemento, poliuretano, marmo, arenaria): epifanie che hanno generano interpretazioni plurali ancora aperte…Una fibra industriale molecolare, avversa e poetica, che tratta in superficie evoca muta oltre il sonoro. La sperimenta nella serie dei “Saggi” interpretando la sua terra vissuta poeticamente col filtro delle avanguardie, opere (“Zolla di Altidona”,“Marina”, “Iride”). Poi stretto dalla post modernità, dal kitsch, dall’invasione conformista dello spettacolo paradossalmente opposte alla violenza immanente del reale, ricerca una possibilità al di fuori di esse. Si immerge in un tempo dilatato (di cui un verso riferito alla sua arte in una poesia dell’inizio) ad ascoltare il silenzio magnetico dell’arte e dell’esistenza risalendo il tempo delle origini: opere significanti (“Annunciazione”, dall’assorbenza luminosa del nero – “NeroLuce”, omaggio a Matisse, un riferimento a conferma dell’annuncio – “Tabernacolo-Antro, Angelo Anarchico-Sindone di Agamennone”) che traslano il pensiero ”religioso” dentro il mondo nella potenza della tecnica e della storia, opere (“Triologia della Storia”). L’antimateria aperta e separata si rivela nel gesto antigesto, l’arte appare all’artista, opera (“Apparizione”),(“Tavole dell’Arte”) principio di ogni opera. Tutte opere che rinnovano nell’economia dei gesti e dei mezzi tecnici quelli arcaici degli antenati.
Nell’88, l’illuminazione davanti alle opere di O. Licini a M. Vidon Corrado. Il sacro. I mattoni di fornace del paese, nella magia del tramonto apparivano d’oro (opere “Trasfigurazione” ,“Astro”, magmatiche, di chimiche antitetiche, che filtrate nel medium per cromie rifioriscono in superficie). I grumi di colore ”’incerti e sfrangiati” dei Missili Lunari accesi d’azzurro, ”impastati negli intagli strappati di Ercoli”.
Al passaggio dell’89 il thauma del mondo ”acceca” l’artista (opere “L’orizzonte di Marco”, “Rosso sette”, “FrattiNeri” e “FrattiNaturali”. Poesia /nel verde selvaggio…). Ercoli subisce una doppia perdita: la bellezza della terra del nonno-sua “Grecia” e la bellezza della cultura contadina vissuta.
Tale pensiero e tale bellezza si concentrano in modo distopico nella profondità dell’arte e nella profondità della tavola che spezza a colpi di mazza separandola fin dentro la fibra al battere della storia: nasce un nuovo linguaggio, visionario, sustanziato di contemporaneo.
Intanto i lampi di guerra continuano a bruciare l’Adriatico, lo sguardo dell’artista scendendo l’est fissa il drammatico passaggio (conosce Teki e Irfan: fratelli macedoni, il primo militare in Serbia, disertore, fuggito attraversando di notte i boschi più neri della Bosnia, evaso poi dalla frontiera austriaca raggiunge Irfan già operaio in Italia dalla Serbia: portano in visione filmati di guerra clandestini con corpi squartati nella macelleria slava). Dalla terra del nonno reduce alla terra di tutti stuprata (così il cielo), alla terra di mezzo: Mesopotamia (opera del 91: “Una parete di luna, una finestra di buio”). Nel mondo su 194 stati 42 sono in guerra (2 mliardi di persone): Irak, Kurdistan, Libano, Israele-Palestina, Siria, Egitto, Libia, Algeria, (l’opera “ArgoFermo” , metafora dell’occhio dell’artista che da Fermo ruota sul mediterraneo è già sull’orbita della ”mezza luna” ).
L’Antigesto di Ercoli si abbatte sull’opera teso allo stesso gesto violento del mondo, l’antimateria oltrepassata e scossa dal retro (opera dell’ inizio “Dietrosimbolo”, 1992), mentre l’agire cela il fronte, si carica di energia, la sua fibra molecolare flette, si strappa, esplode, sembra imitare l’attrito dei moti tellurici del globo che per opposizione slittano separati dai nuclei (chissà, se questo suo scavare e scuotere la Tavola come la Terra riporti anche al gesto del padre quando penetrava a spirale i suoi strati rannicchiato sulla paletta fino a scomparire nel ventre minaccioso e buio dei pozzi?).
Un Principio Infinito. (”P&”, è anche il titolo di un disegno eseguito dall’artista negli anni ’90 preludio a “Frattocosmo”). Dal nulla della tavola nuda, amorfa e compressa, ri-inizia lo scavo, un parto misterioso che porta alla luce ogni opera prima di precipitare nel suo nero “muto”. Ora, l’opera magnetica ci assorbe, vive sospesa nel suo silenzio assordante generato da un antigesto che azzera il tempo, la sua bellezza di terra ci fissa d’eterno, conngela nei buchi e nelle nere fratture quell’urlo ancestrale nell’attimo del suo farsi. E’ la notte del mondo?
Gabriele Ercoli
On the Work of Gabriele Ercoli
Unicefalo Cosmico
The art of Gabriele Ercoli springs from the myth and poetry of places that stretch from the Sybilline Mountains to the sea and what lies beyond. Its language is drawn from a begin in the world that is intent upon continously passing its baginnings. It explores a new medium, which he calls antimatter, because it points to that which is not. The industrial molecular fiber on whose surface he works – a material at once recalcitrant and poetic – mutely evokes what lies beyond any sonority. Experimenting with it in the series Saggi, he interprets his land, poetically lived, through the filter of the avant-garde (Zolla di Altidona, Marina, Iride). Subsequently, caught between postmodernism, kitsch, and the unstoppable conformism of the spectacle, all paradoxically opposed to the immanent violence of the real, he searches for possibilities outside them. Immersing himself in a “dilated time” (a verse from an early poem that anticipates his trajectory), Ercoli listens to the magnetic silence of an art and an existence going back to the time of the origins. Significant works include: Annunciazione, which heralds the luminous absorbing power of black; NeroLuce, an homage to Matisse, which confirms what was announced by the preceding work; Tabernacolo, Antro, Angelo Anarchico, Sindone di Agamennone, which translate religious thought into the world of power, technology, and history; Trilogia della Storia, Apparizione, in which antimatter, opened up and broken apart, is revealed through a gesture, and art appears before the artist; and Tavole dell’Arte, which articulate the founding principles of all of Ercoli’s work. All are works that revive the economy of gestures and the technical means employed by his ancestors.
In 1988, an illumination before the works of Osvaldo Licini at Monte Vidon Corrado. The sacred: the bricks from the town’s furnace glowing like gold in the magic of the sunset. Works: Trasfigurazione, Astro, magmatic alloys of antithetical chemicals, chromatically filtered through the medium, blossoming forth on its surface. The same frayed knots of color from Licini’s Missili Lunari, set ablaze by blue, are wrought into Ercoli’s splintered intaglios.
At the turn of 1989, the traumas of the world blind the artist. Ercoli suffers a double loss: the beauty of the land of his grandfather, and the beauty of his “Greece” and of lived peasant culture. This is the thinking and this is the beauty that become concentrated in a dystopian fashion in the depths of his art and in the depths of the boards that he fractures with the strikes of his mallet, rupturing their fibers with what amount to the blows of history. A new language is born: visionary, substantiated by what is contemporary. Works: L’orizzonte di Marco, Rosso sette, FrattiNeri, FrattiNaturali, and the poem, “nel verde selvaggio…”
While the flashes of war continue to burn the Adriatic, the artist’s gaze descends toward the east and captures the dramatic passage. (Ercoli meets Teki and Irfan, Macedonian brothers, the former a deserter from the Serbian army who flees through Bosnian forests and makes his way across the Austrian border to join the latter, already a manual laborer in Italy: with them, they bring clandestinely filmed footage of war, of bodies ravaged in the Slavic massacre). From the land of his grandfather to the land raped by everyone (its sky also), the artist looks toward the land of the middle: Mesopotamia. A work from 1991: Una parete di luna, una finestra di buio. Out of 194 nations in the world, 42 are at war (two billion people). Afghanistan, Kurdistan, Palestine, Syria, Egypt, Libya, Algeria. Work: ArgoFermo, already on the orbit of the crescent moon.
Ercoli’s antigesture breaks against his works to repeat the world’s own violent gesture, going beyond antimatter and smashing it from behind (early work: Dietrosimbolo, 1992). While its front remains hidden from the artist, the board becomes charged with energy, its molecular fiber strains, tears, explodes, seems to imitate the friction of the telluric motions of the globe, which oppose each other and at last give way to what lies below (who knows if Ercoli, digging into his board and turning it up as if it were earth, might not also be reenacting the gesture of his pit-digging father, who penetrated the earth’s layers in a spiral, hunched over his spade and disappearing into the threatening dark?)
An endless beginning (P – the title of a drawing executed by the artist in the 1990s as a prelude to Frattocosmo). From the nothingness of the bare board, formless and compressed, the excavation begins again, a mysterious birth that brings each new work to light as it emerges from its black “muteness.”
Now, the magnetic work absorbs us, lives suspended in the deafening silence generated by an antigesture that nullifies time, and its chthonic beauty situates us in that which is eternal, capturing in its black fractures and apertures that ancestral howl in the moment of its coming forth. Is this the night of the world?
Gabriele Ercoli
Traduzione di Ilya Bernenstein